giovedì 14 aprile 2016

MICHELANGELO MERISI da CARAVAGGIO

IL SOGNO DI OGNI MUSEO


Il quadro ritrovato in soffitta

A Parigi viene mostrato per la prima volta alla stampa, il quadro ritrovato nella soffitta di una abitazione nella regione francese di Toulouse che potrebbe essere attribuito a Caravaggio. In attesa delle perizie che potrebbero portare all'attribuzione, il Ministero della Cultura francese ha disposto che la tela non esca dal territorio nazionale. Il quadro, un olio su tela che rappresenta Giuditta che decapita Oloferne, è stato ritrovato dai proprietari dell'abitazione nel 2014, nascosto dietro a un falso muro, duranti i lavori per una perdita di acqua. Secondo Eric Turquin, a capo del team che sta curando gli studi sulla tela, l'opera sarebbe stata dipinta da Caravaggio negli ultimi anni di vita, tra il 1600 e il 1610. Caravaggio dipinse due versioni della "Giuditta e Oloferne", una realizzata a Roma e conservata nella Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini, l'altro dipinto a Napoli e scomparso nel XVII secolo. Nei prossimi mesi gli esperti del museo del Louvre studieranno l'opera che, se attribuita a Caravaggio, potrebbe avere un valore di 120 milioni di euro. L'attribuzione sarebbe attestata da una copia dell'epoca realizzata da Louis Finson, appartenente alla collezione del Banco di Napoli ed esposta a Palazzo Zevallos a Napoli. L'esistenza dell'originale sarebbe nominata proprio nel testamento del pittore fiammingo Louis Finson che, nato a Bruges e morto ad Amsterdam, trascorse alcuni anni in Italia tra il 1600 e il 1610 e un periodo a Napoli nel 1604.

Quadro rinvenuto in soffitta della casa nella regione di Tolosa che si presume opera del Caravaggio



Giuditta ed Oloferne di Michelangelo Merisi da Caravaggio; olio su tela 145 x 195; Galleria d'Arte Antica Palazzo Barberini Roma; eseguito tra il 1598-1599

GIUDITTA e OLOFERNE (1598-1599)
 In occasione della mostra a Palazzo Reale di Milano, tutta dedicata a Michelangelo Merisi da Caravaggio organizzata e diretta  da Roberto Longhi nell’aprile del 1951, poco prima dell’inaugurazione e giusto il tempo per finirne il restauro l’opera apparve come un ‘coup de théatre’ determinando stupore e meraviglia.  Nel successivo restauro del 1999 emersero sulla tela originale le lettere C.O.C., sciolte in “Comes Ottavius Costa”, la stessa sigla che Ottavio Costa il banchiere di Genova (Albenga) che finanziava il Vaticano e protettore del Merisi, faceva scolpire nelle argenterie. Il Longhi ne fece immediatamente l’attribuzione : - L’opera non tarderà ad entrare stabilmente nel corpus autografo del grande lombardo. A causa del ritardo della consegna alla mostra non compare nello specifico catalogo , ma viene così descritta, sempre dal Longhi, nel suo Caravaggio, pag. 20 della prima edizione settembre 1968 degli Editori Riuniti “” Un’occasione per più inclinare sul versante dell’orrido si presentò, inevitabile, nella -Giuditta- della raccolta Coppi, dove il delicato e l’avventante di questa -Fornarina del naturalismo- reggono a stento ( e se schivano infatti) al terrore enorme del gigantesco scannato e del tendone sanguigno che incombe sul fattaccio con quel suo ferale geroglifico.””
Si tratta di un olio su tela di cm. 145 x 195 conservato a Palazzo Barberini  Galleria d’arte Antica, e per conoscere le vicende dei passaggi di proprietà  si rimanda agli studi recenti (2004) Costa Restagno
Mi permetto, qui di seguito alcune riflessioni, in occasione del rinvenimento dell’altra opera di medesimo soggetto rinvenuta di recente nella Regione di Tolosa in Francia.
Si osservi, il prevalere su tu tutti, con potenza la forza espressiva di Giuditta colpita a pieno da quella luce che è l'elemento distintivo del Caravaggio, e si ponga l'attenzione su ogni particolare peculiarmente disegnato: dall'anatomia dei corpi nelle loro posizioni e gestualità: la testa di Oloferne con la torsione del distacco, la forza del getto del sangue fuoriuscente dalle arterie recise, corrisponde, chirurgicamente, al comportamento del sangue sgorgante che scorre copioso nei vasi del collo!
 L'atteggiamento di Giuditta tra l'indifferenza e l'obbligo fatale.
La fantesca sebbene soggetta al gozzo tiroideo, come si osserva nella crocifissione di Sant'Andrea, qui non è evidenziato quale elemento ininfluente alla scenografia.
 Il drappo rosso per accentuare il dramma non prevale su tutto, ma, lì, occorre come tenue elemento compositivo dell'assieme.
 È il getto del sangue, la torsione della testa decollata che ci fanno scorrere il brivido emotivo che ci suggestiona e ci turba profondamente e lì che lo sguardo si sofferma 'ictu oculi' e subito, condotto, dalla luce, scorre sul volto vigoroso di Giuditta!
Non so se l'opera ora rinvenuta ci dia queste suggestioni, mi pare eccessivamente dispersiva nel ritrarre l'avvenimento. Ed ogni oggetto disegnato sembra a se stante.
La grandezza del genio sta, proprio, nel ritrarre con semplicità e realismo, direi scientifico, gli elementi compositivi, e saperli evidenziare nella gerarchia che loro compete nella dinamica iconografica dell'accadimento!


 Copia di Finson